Il motore dell'estate
La guardia di frontiera al confine croato fa cenno di passare e, proprio in quel momento, dal cofano della macchina comincia a uscire il rumore di una lavastoviglie irritata.
Lì per lì mi rifiuto di crederci; forse è solo uno strano fenomeno acustico, ma sì, l'eco distorta dei motori di tutte le auto in fila che risuona contro i posti di guardia, le strutture metalliche e le tettoie producendo quel brutto sferragliamento. Non può essere che provenga dalla mia auto, con la quale desidero solo raggiungere uno scoglio sulle rive dell'Adriatico e lì abbandonare per qualche giorno quel che resta di me.
Ma mentre mi lascio alle spalle il posto di blocco, sono costretto a fare i conti con la realtà: la lavastoviglie sta continuando il suo ciclo, e dentro l'abitacolo arriva adesso anche il tipico odore di attriti violenti tra parti meccaniche, quello che sentite quando fate un pezzo di strada col freno a mano tirato o quando la frizione implora pietà.
Sotto il sole a picco delle dodici e trenta, accosto in una piazzola sterrata. Lo sterzo oppone una strenua resistenza, e in quell'istante so che siamo nella merda.
Apro il cofano, dal quale subito si sprigionano vapori bollenti. Forse siamo ancora più nella merda di quanto credessi: la trasmissione del servosterzo deve essersi danneggiata.
Decido di proseguire, perché il traffico sulla via del ritorno è molto sostenuto, con una lunga coda di macchine che rientrano in Slovenia, e anche perché, a quell'ora, di sabato, un carro attrezzi si limiterebbe a portare l'auto presso l'officina più vicina e tanti saluti. L'officina riaprirebbe appena il lunedì, e nel frattempo saremmo costretti a rientrare a Trieste con mezzi di fortuna.
Rimetto in moto e, con cautela, ritorno sulla carreggiata. Per alleggerire lo sforzo del motore, rinuncio anche all'aria condizionata.
Lungo la strada, cerchiamo su Google Maps se c'è qualche meccanico aperto, ma un paio di tentativi vanno a vuoto.
Finestrini spalancati, punto deciso verso la destinazione finale, fiducioso della mia incoscienza. L'idea è che, una volta arrivati, troveremo sul posto qualcuno che valuti il danno e eventualmente lo ripari. Solo dopo scoprirò che riuscire a raggiungere la meta è stato un puro colpo di culo.
Lo scoglio è lì che mi aspetta, e io mi ci abbarbico sopra in cerca di consolazione. Per un paio di giorni, la questione auto è sospesa.
Poi però bisogna trovare una soluzione. Chiediamo in giro, e ci dicono che non ci sono officine nei dintorni, le più vicine sono a una decina di chilometri.
Interpelliamo di nuovo Google, il quale smentisce gli indigeni e ci elenca un paio di opzioni nelle vicinanze.
La lavastoviglie arranca fino a quella che viene definita "zona industriale" e arrivo davanti a un'officina che è chiusa benché ci troviamo ampiamente entro l'orario indicato sulla tabella esposta fuori dalla porta.
In giro non sembra esserci nessuno. Dietro l'angolo, presso un capannone dove sembra costruiscano serramenti, un tizio ci indica un'altra officina a un paio di chilometri di distanza.
Ormai devo seguire qualunque pista. Arriviamo al villaggio dove dovrebbe esserci questo meccanico, ma non si vedono insegne che ne attestino l'esistenza. Chiediamo a un cameriere rubizzo che sta accendendo il fuoco in uno di quegli spiedi messi strategicamente al bordo delle strade per invogliare i turisti a fermarsi.
"Su per di qua, cento metri a destra".
Troviamo il posto. È il cortile di una casa privata dove hanno costruito una baracca chiusa su tre lati, che sarebbe l'officina perché in effetti ha una pedana sollevabile e in giro ci sono attrezzi, pneumatici e altre cianfrusaglie. Lui, il meccanico, però non c'è. Un vicino di casa ci rivela che adesso è al lavoro, probabilmente in una di quelle officine a dieci chilometri di distanza. Quando torna a casa, evidentemente si svaga facendo lo stesso lavoro.
Passiamo davanti a una carrozzeria persa in mezzo ai campi. Chissà, forse possono darci un'indicazione. Sì, possono.
Fanno una telefonata. Dopo dieci minuti arriva sbucando da uno sterrato una sgangherata utilitaria guidata da un simpatico giovanotto che, senza neanche mettere in moto la lavastoviglie, individua il problema e fa la diagnosi.
"Avete avuto fortuna. Potevate restare in panne in qualunque momento."
Ci fa strada lungo lo sterrato e lo seguiamo fino alla sua officina, una costruzione di due piani adibita a garage nascosta tra uliveti e depositi di roulotte.
Gli lasciamo l'auto, e insiste per riportarci sulla strada principale. Non riuscirà a finire il lavoro prima di domani, ma per noi va bene, staremo qui ancora per qualche giorno.
Invece, dopo neanche tre ore, telefona. Tutto fatto.
"Vengo a prenderti io, così non occorre che vieni a piedi fino a qui."
I guai possono sempre accadere. Per risolverli serve un po' di fortuna e, soprattutto, trovare la persona giusta.
Adesso torno sullo scoglio a guardare il mare. Il sole è ancora alto.